Riferimento ad un documento esterno al contratto (Cassazione civile sez. II, 9 ottobre 2014, n. 21352)
Cassazione civile sez. II, 9 ottobre 2014, n. 21352
FATTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 25.5.2002 F.S. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Como, C.R. ed i coniugi R.C. e P.V. esponendo di aver acquistato da questi ultimi, in data 5.9.1988, con contratto trascritto il 29.9.1988, un porzione di immobile sita in (OMISSIS), composta da un negozio con retrobottega, magazzino e servizi igienici; dopo circa un decennio dalla data di acquisto, in occasione di alcuni lavori di ristrutturazione di detto immobile, esaminando la planimetria unita alla scheda presentato all'U.T.E., espressamente richiamata nell'atto di vendita, si era resa conto che i venditori non le avevano consegnato una parte dell'immobile relativa al vano adibito a servizio igienico; aveva poi accertato che la R. (divenuta nel frattempo unica proprietaria del bene) aveva alienato a C.R. un appartamento adiacente a quello alienato ad essa attrice, attribuendole il diritto di uso esclusivo e perpetuo di tre ripostigli, uno dei quali, corrispondente alla porzione immobiliare ricavata tramite l'interposizione di un tavolato all'interno del vano WC, riguardava detta omessa consegna.
La F. chiedeva, quindi, che: a) fosse accertato il suo diritto di proprietà su detta porzione immobiliare non consegnata; b) che fosse, conseguentemente, dichiarata la nullità parziale del successivo contratto intercorso tra la C. e la R. in data 5.9.2009 per impossibilità dell'oggetto e/o carenza di causa;
c) che la C. fosse condannata al rilascio della porzione immobiliare in contestazione nonchè al pagamento di un'indennità per l'occupazione sine titulo.
Si costituiva in giudizio solo C.R., quale terzo acquirente di buona fede della porzione di immobile oggetto di causa, contestando la fondatezza delle domande avversarie e rilevando che esse non erano a lei opponibili; in via subordinata, nell'ipotesi di accoglimento delle prime due domande formulate dall'attrice, chiedeva di essere garantita dalla sua dante causa, R.C., con una riduzione del prezzo versato alla stessa, per la parziale evizione subita. Espletata C.T.U., con sentenza 22.11.2004 il Tribunale adito accoglieva la domanda, condannando la C. a restituire alla F. il ripostiglio, meglio identificato nell'allegato B all'atto di compravendita 18.10.2000, intercorso tra R.C. e C.R. ed a pagare alla F. Euro 1.290,00, oltre interessi, a titolo di occupazione abusiva dell'immobile; condannava R.C. al pagamento, in favore dell'attrice, di Euro 1.975,41 oltre interessi, a titolo di indennità per il mancato pagamento dell'immobile in questione dal 1988 al 2000 e P.V. a pagare all'attrice il 50% del valore locatizio annuale della porzione oggetto di causa, per il periodo dal settembre 1988 al luglio 1990, quantificato in Euro 198,72; in accoglimento delle domanda riconvenzionale di C.R., condannava R.C. a corrispondere gli importi di Euro 8.220,00 ed Euro 1.290,00 oltre interessi legali e rifusione delle spese processuali sostenute da F.S. e C.R.. Quest'ultima proponeva appello cui resisteva solo la F., contumaci P.V. e B. B.S.M.M.. Con sentenza depositata il 26.6.2008 la Corte d'Appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda della F. e compensava fra le parti costituite le spese processuali del doppio grado di giudizio.
Osservava la Corte territoriale che il contratto di compravendita intercorso fra la F. e R. - P. non comprendeva il ripostiglio poi concesso in uso alla C., non avendo alcun rilavo al riguardo le contrarie indicazione contenute nella planimetria non allegata all'atto di vendita del 5.9.1988 e dovendosi individuare le esatte dimensioni del bene compravenduto sulla base delle espressioni indicate nel rogito, laddove le parti dichiaravano di acquistare "a corpo e non a misura" e nella condizioni in cui l'immobile era stato visto e consegnato,ossia con il locale WC non comprensivo del ripostiglio in questione.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso F.S. formulando tre motivi.
Resiste con controricorso e ricorso incidentale, illustrati da successiva memoria, C.R.. La ricorrente, a sua volta, ha proposto controricorso avverso il ricorso incidentale.
DIRITTO
MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente principale deduce:
1) violazione e falsa applicazione di norme di diritto, per avere la Corte di appello ritenuto erroneamente ed in contrasto con la giurisprudenza della Corte di legittimità, che la determinazione "per relationem" dell'oggetto del contratto nei negozi formali, possa avvenire solo con riguardo a documenti allegati materialmente al negozio e che, in mancanza, assumano rilevanza le altre risultanze del contratto; tale principio non era applicabile al caso di specie, essendo l'oggetto del contratto tra F. e R. - P. già esattamente determinato sulla sola scorta del tenore letterale del relativo art. 1) ed essendo C.R. terzo estraneo rispetto al contratto medesimo.
La censura si conclude con il quesito: "il principio che presiede alla determinazione per relationem dell'oggetto del contratto nei negozi per i quali il legislatore prevede la forma scritta ad substantiam (fermo restando che il contenuto minimo del contratto deve essere in esso formalmente consacrato dai paciscenti) impone solo che le parti - ai fini della esatta determinazione dell'oggetto- si riferiscano ad un dato extratestuale di natura formale certo e inequivocabilmente rintracciabile ex post, ma non necessariamente che questo dato di natura formale risulti materialmente allegato al contratto e firmato dalle parti";
2) erronea applicazione delle norme relative all'interpretazione del contratto di vendita tra F. e R. - P. ed alla sua opponibilità ai terzi, posto che le parti stesse nell'art. 1 del contratto stesso, al fine di rappresentarne l'oggetto "nei suoi esatti limiti dimensionali", avevano fatto riferimento alla "planimetria unita alla scheda presentata al medesimo U.T.E. in data 24.2.1986 e protocollata al n. 650/1"; detto contratto era opponibile a C.R. in regione delle esatte risultanze della nota di trascrizione e non di quelle riferibili a planimetrie unite o meno al contratto. Sul punto viene formulato il seguente quesito: "il principio che presiede alla determinazione per relationem dell'oggetto del contratto nei negozi trova applicazione nei rapporti inter partes ma non in quelli erga omnes di opponibilità ai terzi, per i quali deve aversi riguardo esclusivamente alle indicazioni riportate nella nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare, senza possibilità di equivoci e di incertezze, gli estremi essenziali del negozio e i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo che, insieme con la nota, viene depositato presso la conservatoria dei registri immobiliari";
3) contraddittorietà della motivazione, laddove la Corte di Appello aveva fondato la propria decisione sulla mancata allegazione e sottoscrizione della scheda catastale all'atto di vendita F.- R. P., non considerando che a C.R. era opponibile solo quanto risultante dalla nota di trascrizione, nella quale veniva fatto riferimento alla scheda 650/1 come rappresentativa del bene compravenduto.
Con il ricorso incidentale C.R. lamenta:
violazione e falsa applicazione dell'art. 92 c.p.c.;
la Corte di Appello, pur avendo totalmente rigettato la domanda formulata da F.S., aveva dichiarato compensate le spese processuali del doppio grado di giudizio, motivando con la generica affermazione che "la particolarità della questione costituisce giusto motivo per dichiarare compensate le spese", in violazione dell'art. 92 c.p.c., comma 2, che, ai fini della compensazione, richiede la soccombenza reciproca o "altri giusti motivi" esplicitamente indicati nella motivazione.
Il ricorso principale è infondato.
In ordine al primo motivo va ribadito che nei contratti in cui è richiesta la forma scritta "ad substantiam", l'oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile sulla base degli elementi risultanti dal contratto stesso, non potendo farsi riferimento ad elementi estranei ad esso. Ne consegue che ove le parti di una compravendita immobiliare abbiano fatto riferimento, per individuare il bene, ad una planimetria allegata all'atto, è necessario che essa non solo sia sottoscritta dai contraenti, ma sia anche espressamente indicata nel contratto come facente parte integrante del contenuto dello stesso (Cass. n. 2900/89; n. 1165/2000; n. 5028/2007). La Corte territoriale, con motivazione aderente a tali principi, ha affermato che la planimetria indicata era di molto antecedente al contratto e doveva ritenersi superata dalla modifica dello stato dei luoghi nel frattempo intervenuta, con suddivisione in due unità, e apertura di un separato accesso sulle scale, come accertato dal C.T.U., e, quindi, non essendo stata essa neanche allegata al contratto di vendita, non poteva "essere ritenuta rappresentativa dello stato dei luoghi, esistente al momento della vendita, peraltro conosciuto dall'acquirente al momento della con conclusione del contratto".
Sulla base di tale accertamento in fatto, sor-retto da congrua e corretta motivazione, come tale esulante dal sindacato di legittimità, ha quindi, escluso che il ripostiglio in questione fosse compreso nella vendita 5.9.1988.
Il secondo motivo è anch'esso infondato, laddove si fa generico riferimento alle norme sulla interpretazione dei contratti ed è inammissibile, per la novità della questione, non sollevata in grado di appello, quanto alla dedotta opponibilità a C.R. dell'originario atto di vendita "in regione delle risultanze della nota di trascrizione".
La terza censura è inammissibile in quanto oltre a non indicare il fatto controverso relativo al vizio di motivazione, investe valutazioni di fatto riservate al giudice di merito.
Il ricorso incidentale difetta del quesito di diritto ed è comunque infondato avendo il giudice di appello, nel riformare la sentenza di primo grado, compensato fra le parti le spese processuali del doppio grado di giudizio, tenendo conto dell'esito complessivo delle questioni trattate ed avuto riguardo, in particolare, "alla particolarità della questione", oggetto del primo motivo di appello.
La motivazione sul punto è, quindi, adeguatamente giustificatrice della relativa e non merita censura alcuna. In conclusione, deve rigettarsi il ricorso principale e dichiararsi inammissibile quello incidentale con condanna della ricorrente principale, prevalentemente soccombente, al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2014.
Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2014