Mutamento di destinazione d'uso da albergo a residenze private
In caso di modifica della destinazione d'uso di un complesso alberghiero, realizzata attraverso la vendita di singole unità immobiliari a privati, allorché (indipendentemente dal regime proprietario della struttura) non sussiste una organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi comuni ed alla concessione in locazione dei singoli appartamenti compravenduti secondo le regole comuni del contratto di albergo, può configurarsi il reato di lottizzazione abusiva considerato che - in tali ipotesi - le singole unità perdono la loro originaria destinazione d'uso alberghiera, per assumere quella residenziale (Cassazione, sentenza 18 settembre 2013, n. 38001, sez. III penale)
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Sentenza Cassazione civile n. 23367
del 03/11/2014
Considerato in diritto
– Il ricorso è fondato.
– Con il primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 cod. civ., nonché vizio di motivazione .
– Si contesta, sotto entrambi i profili di censura di cui all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., l’affermazione della Corte d’appello che ha ritenuto l’idoneità del contratto preliminare di compravendita stipulato dalle parti a produrre l’effetto lottizzatorio.
– La doglianza è fondata in riferimento al profilo del vizio di motivazione.
– La sentenza impugnata richiama la normativa di cui agli artt. 8 della legge n. 217 del 1983 e 30 del d.P.R. n. 380 del 2011, affermando che il giudice di primo grado avrebbe dovuto valutare la validità del contratto preliminare alla luce delle disposizioni citate, che precludevano l’accoglimento della domanda proposta dal sig. C..
Ciò posto, si deve osservare in primo luogo che il richiamo all’art. 8 della legge n. 217 del 1983 è apodittico, e come tale inidoneo a costituire autonoma ratio decidendi e che la decisione poggia soltanto sull’applicazione dell’art. 30 del d.P.R. n. 380 del 2011.
Si tratta però, come denunciato dal ricorrente, di applicazione astratta, nel senso che la Corte distrettuale sussume la fattispecie sottoposta al suo giudizio nello schema della lottizzazione abusiva senza dare conto delle circostanze dirimenti ai fini della configurabilità del reato de quo.
– La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che può configurare il reato di lottizzazione abusiva la modifica di destinazione d’uso di un complesso alberghiero, realizzata attraverso la vendita di singole unità immobiliari, allorché – indipendentemente dal regime proprietario della struttura – non sussiste una organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi comuni ed alla locazione dei singoli appartamenti compravenduti secondo le regole comuni del contratto di albergo, atteso che in tale ipotesi le singole unità perdono la loro originaria destinazione d’uso alberghiera per assumere quella residenziale (ex plurimis, Cass., sez. 3A penale, sentenze n. 6396 del 2006, n. 17865 del 2009).
Più di recente, questa Corte ha ritenuto che «La modifica di destinazione d’uso di una struttura alberghiera in complesso residenziale, realizzata attraverso la parcellizzazione dell’immobile in numerosi alloggi suscettibili di essere occupati stabilmente, configura il reato di lottizzazione abusiva pur laddove l’area sia urbanizzata e gli strumenti urbanistici generali consentano una utilizzabilità alternativa di tipo alberghiero e residenziale, salvo che le opere già esistenti siano sufficienti non solo a soddisfare i bisogni degli abitanti già insediati ma anche di quelli da insediare» (Cass., sez. 3A penale, sentenza n. 27279 del 2012).
– La normativa in tema di lottizzazione abusiva ha dunque lo scopo di tutelare l’integrità del territorio, vietando trasformazioni che ne alterino l’assetto, e ciò perfino in presenza di strumenti urbanistici che consentirebbero tali trasformazioni, ovviamente previa valutazione delle situazioni in concreto.
2.5. – Nella sentenza impugnata, viceversa, si afferma la nullità del contratto preliminare per contrasto con la normativa che vieta la lottizzazione abusiva senza alcun riferimento alla realtà dei luoghi, e, in particolare: a) alla esistenza o non di una organizzazione imprenditoriale idonea alla gestione delle diverse situazioni “residenziali” che si sarebbero create nel complesso denominato Omissis; b) alla parcellizzazione della proprietà.
– Le rilevate lacune motivazionali impongono l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il rimanente, e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altro giudice, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il rimanente, cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Cagliari.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 17 settembre 2014.
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