Imposta ipotecaria da versare per l’annotazione nei registri immobiliari a seguito dell’ordine giudiziario di liberazione di immobili espropriati. Agenzia delle Entrate CIRCOLARE n. 8/E del 4 marzo 2015

Imposta ipotecaria da versare per l’annotazione nei registri immobiliari a seguito dell’ordine giudiziario di liberazione di immobili espropriati.

 

Agenzia delle Entrate

CIRCOLARE n. 8/E del 4 marzo 2015

 

OGGETTO Annotazioni ex art 586 c.p.c. – Profili civilistici e fiscali

 

 

Sommario: 1. Premessa; 2. Il decreto di trasferimento e l’ordine giudiziale di liberazione degli immobili espropriati; 3. Le annotazioni da eseguire sulla base del decreto di trasferimento immobili: attuazione della pubblicita’ nei registri immobiliari; 4. Riflessi tributari; 5. conclusioni

Premessa

Sono pervenute a questa Agenzia richieste di chiarimenti sul trattamento tributario delle domande di annotazione nei registri immobiliari, presentate a seguito dell’ordine di cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie, emesso dal giudice in sede di trasferimento del bene espropriato.

I dubbi interpretativi si riferiscono al caso in cui il bene trasferito sia l’unico bene oggetto dell’ipoteca.

In particolare, è stato chiesto se, in tale ipotesi, l’imposta ipotecaria da riscuotere per l’annotazione nei registri immobiliari debba essere commisurata all’ammontare del credito garantito, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del Testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (di seguito TUIC), ovvero al minor valore tra quello del credito garantito e quello dell’immobile liberato, determinato secondo le disposizioni relative all'imposta di registro, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo.

Con la presente circolare, dopo aver delineato la natura del decreto di trasferimento e le conseguenti incombenze a carico del Conservatore dei registri immobiliari, vengono fornite le necessarie indicazioni in ordine ai connessi riflessi tributari.

1. Il decreto di trasferimento e l’ordine giudiziale di liberazione degli immobili espropriati

 

L’articolo 586 c.p.c., rubricato “Trasferimento del bene espropriato”, prevede che “Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell'esecuzione può … pronunciare decreto col quale trasferisce all'aggiudicatario il bene espropriato, ripetendo la descrizione contenuta nell'ordinanza che dispone la vendita e ordinando che si cancellino le trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie, se queste ultime non si riferiscono ad obbligazioni assuntesi dall'aggiudicatario a norma dell'articolo 508. Il giudice con il decreto ordina anche la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie successive alla trascrizione del pignoramento”.

Nell’ambito dell’espropriazione immobiliare, il decreto di trasferimento è l’atto esecutivo con il quale il Giudice dell’esecuzione trasferisce il bene oggetto di espropriazione e ordina che questo sia “liberato” dalle formalità pregiudizievoli su di esso gravanti.

L’estinzione dell’ipoteca trova il suo fondamento nell’articolo 2878 c. c., numero 7, in base al quale l’ipoteca si estingue “con la pronunzia del provvedimento che trasferisce all’acquirente il diritto espropriato e ordina la cancellazione delle ipoteche”.

E’ evidente dunque che la ratio legis sottesa alle disposizioni dell’articolo 586 c.p.c. risiede nell’interesse dell’aggiudicatario ad acquisire l’immobile espropriato libero da vincoli, che hanno esaurito la propria funzione a seguito della vendita forzata.

Il Giudice dell’esecuzione opera sui beni espropriati e, una volta che abbia accertato quali siano le ipoteche e i pignoramenti gravanti sugli stessi, ne ordina la liberazione da ogni vincolo.

Il provvedimento emesso dal Giudice dell’esecuzione in tale contesto risulta, dunque, essere oggettivamente riferito al bene ovvero ai beni espropriati, atteggiandosi - perlomeno sotto un profilo formale - quale ordine di liberazione di tali beni dalle formalità pregiudizievoli gravanti, secondo lo schema della c.d. “cancellazione parziale”.

Pertanto, ancorché il citato articolo 586 c.p.c. faccia riferimento alla cancellazione delle ipoteche e dei pignoramenti, la portata del comando è da ritenere circoscritta ai soli beni trasferiti con il decreto adottato dal giudice, pur quando questi rappresentino l’intero compendio immobiliare oggetto della formalità da annotare.

 

 

2. Le annotazioni da eseguire sulla base del decreto di trasferimento immobili: attuazione della pubblicità nei registri immobiliari

Il Conservatore ha il compito di esercitare un esame formale, rigoroso e approfondito, del titolo e della nota, teso ad accertare che posseggano i requisiti previsti dalla legge per l’esecuzione delle previste formalità.

Lo stesso non è tenuto a verificare che vi sia coincidenza piena tra i beni indicati nella formalità da annotare e quelli oggetto del trasferimento coattivo, al fine di riscontrare se l’ordine giudiziale di liberazione consenta di effettuare la cancellazione totale della formalità.

Peraltro, sotto un profilo sostanziale, l’esecuzione di una “cancellazione parziale”, riferita, cioè, a determinati beni, ha, in relazione ai beni liberati, il medesimo effetto della cancellazione totale.

Qualora la “cancellazione parziale” liberi beni che costituiscono, di fatto, l’intero compendio, oggetto della trascrizione di pignoramento o della iscrizione ipotecaria da annotare, la stessa ha un effetto assimilabile a quello di una cancellazione totale: ciò in quanto produce, in concreto, la liberazione di tutti gli immobili gravati dalla formalità.

Una “cancellazione parziale” della formalità ipotecaria, circoscritta ai beni indicati nel decreto di trasferimento, altro non è, sotto un profilo operativo, che un’annotazione di restrizione di beni.

In sostanza, la differenza tra la cancellazione totale e la restrizione dei beni risiede nel fatto che la prima incide sulla formalità ipotecaria nel suo complesso, mentre la seconda libera beni specificamente individuati.

Va da sé che, ove i beni liberati con la restrizione siano tutti i beni oggetto dell’iscrizione (o della trascrizione), gli effetti delle due annotazioni risultano di analogo contenuto.

Né potrebbe sostenersi, quale carattere distintivo tra le due formalità, che l’annotazione di restrizione dei beni lasci una apparenza di persistenza delle ragioni del creditore: ciò perché non vi è una necessaria connessione tra la cancellazione e l’integrale soddisfacimento delle ragioni creditorie tutelate con la formalità.

Si rammenta, infatti, che la cancellazione può intervenire anche per rinuncia alla garanzia (o per estinzione del processo esecutivo) - pur in presenza di persistenti ragioni creditorie – e, quindi, prescinde dal soddisfacimento integrale del debito.

In definitiva, è proprio la struttura intrinseca della peculiare forma di liberazione dalle ipoteche (o dal pignoramento) costituita dall’emissione del decreto di trasferimento, che qualifica la conseguente annotazione come “restrizione di beni”.

 

3. Riflessi tributari

La qualificazione dell’ordine di cancellazione dell’ipoteca come una restrizione dei beni, anche nel caso in cui oggetto della garanzia sia un solo bene, ne determina il conseguente trattamento fiscale.

Ciò premesso, l’articolo 3, comma 3, del TUIC, prevede che l’imposta ipotecaria dovuta sull’annotazione per restrizione di ipoteca è commisurata al minor valore tra quello del credito garantito e quello degli immobili o parti di immobili liberati. La norma fa espresso rinvio, ai fini della determinazione del valore del bene espropriato, alle disposizioni relative all'imposta di registro (1).

Nello specifico, tale richiamo rende applicabile, per le restrizioni di beni effettuate in base a decreto di trasferimento, l’articolo 44 del testo unico del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito TUR), ai sensi del quale “Per la vendita di beni mobili e immobili fatta in sede di espropriazione forzata ovvero all'asta pubblica e per i contratti stipulati o aggiudicati in seguito a pubblico incanto la base imponibile è costituita dal prezzo di aggiudicazione…”.

L’individuazione di una tale base imponibile, coerente con l’intrinseca natura e gli effetti giuridici prodotti dal decreto di trasferimento, consente di superare distonie nella applicazione del tributo, in particolare, laddove la somma per cui è stata iscritta l’ipoteca - anche in forza di specifiche disposizioni normative - risulti superiore rispetto al valore complessivo dei beni gravati.

Si pensi, a titolo esemplificativo, alle ipoteche iscritte ai sensi dell’articolo 77, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, laddove è previsto che il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell'importo complessivo del credito per cui si procede”.

Sul tema, è inoltre opportuno precisare che, relativamente alle annotazioni in questione, non trova applicazione l’articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

Tale disposizione prevede la facoltà, per le persone fisiche acquirenti di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, che non agiscono nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, di chiedere che la base imponibile, ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, sia costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 52, commi 4 e 5, del TUR.

La precisazione appare utile in considerazione del fatto che la disposizione del citato articolo 1, comma 497, è stata di recente dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede che tale facoltà possa essere esercitata anche nell’ambito degli acquisti effettuati in sede di espropriazione forzata e di pubblici incanti (cfr. C. Cost., sent. n. 6 del 23 gennaio 2014).

Il peculiare meccanismo introdotto dal legislatore per le cessioni in questione – che attribuisce all'acquirente la potestà di chiedere la valutazione del bene secondo il criterio "tabellare” – si configura, come ha evidenziato la Corte Costituzionale, un’eccezione rispetto alle previsioni di cui all’articolo 44 del TUR.

La Corte ha rilevato che “La mera differenziazione del contesto acquisitivo del bene non è dunque sufficiente a giustificare la discriminazione di due fattispecie caratterizzate da una sostanziale omogeneità, in particolare, con riguardo, all’esclusività del diritto potestativo concesso all’acquirente in libero mercato”.

Invero, nel caso delle annotazioni nei pubblici registri, pur trattandosi di acquisto di un bene da parte di un soggetto che presenti determinati requisiti previsti dal legislatore, si è in presenza di ipotesi sensibilmente differenziate sotto il profilo oggettivo.

Il caso oggetto di pronuncia da parte della Corte Costituzionale e quello in esame riguardano fattispecie non omogenee – acquisto, da un lato, annotazioni di restrizione di beni, dall’altro – con la conseguenza che non può essere invocato l'utilizzo del medesimo criterio "tabellare" in quanto il presupposto impositivo è chiaramente diverso.

E’, dunque, da escludere che nell’ambito applicativo dell’articolo 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005 siano attratte anche le formalità di restrizione di tali beni: l’agevolazione prevista per le “cessioni” non si trasmette automaticamente ad ogni formalità che rinviene il suo titolo nel decreto di trasferimento.

Pertanto, il rinvio operato dall’articolo 3, comma 3, del TUIC alle disposizioni relative all’imposta di registro deve intendersi riferito alle disposizioni generali del TUR (in tema di determinazione della base imponibile) e non anche alle speciali norme derogatorie del medesimo (2).

Chiarito quanto sopra in merito al regime impositivo delle annotazioni per restrizioni di ipoteca, resta fermo che, qualora l’interessato richieda, sulla base di un titolo idoneo, la cancellazione totale della formalità di iscrizione, l’imposta ipotecaria dovuta andrà commisurata, ai sensi articolo 3, comma 1, del TUIC all'ammontare del credito garantito, comprensivo di interessi e accessori (3).

 

4. Conclusioni

La base imponibile da assumere per la determinazione dell’imposta ipotecaria dovuta per le annotazioni di restrizione di beni da eseguire in forza di decreto di trasferimento è rappresentata, indipendentemente dalla circostanza che gli immobili liberati possano costituire l’intero compendio oggetto dell’ipoteca, dal minore valore tra l’ammontare del credito garantito e il prezzo di aggiudicazione degli immobili trasferiti.

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Le Direzioni regionali dovranno vigilare affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dagli Uffici dipendenti.

 

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1)   Al riguardo, anche la Nota all’art. 12 della Tariffa allegata al TUIC prevede che per le annotazioni di restrizione di ipoteca “L'imposta si applica, fino a concorrenza della somma garantita da ipoteca, sul valore degli immobili liberati risultante dall'atto di consenso o da dichiararsi dal richiedente nella domanda secondo le disposizioni relative all'imposta di registro”.

2)   Il rinvio di cui trattasi, in definitiva, non può essere considerato come un rimando alla “base imponibile” quale considerata ai fini dell’acquisto, quanto ai criteri dettati dal TUR, in linea di principio, per individuare il valore del bene o del diritto, esclusa dunque qualsiasi vis attractiva della particolare disciplina prevista per le cessioni dall’articolo 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005.

3)   La nota all’articolo 13 della Tariffa allegata al TUIC stabilisce che l’imposta, nella misura dello 0,50%, si determina sulla somma per cui l’ipoteca è stata iscritta, dedotta l'imposta proporzionale eventualmente pagata per precedenti restrizioni di beni).

 

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