Esdebitazione e fallimenti chiusi prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 5 del 2006
L'istituto dell'esdebitazione, previsto dagli artt. 142 e seguenti l.fall., nel testo introdotto dal d.lgs. n. 5 del 2006 e modificato dal d.lgs. n. 169 del 2007, si applica, secondo quanto disposto dalla disciplina transitoria, anche alle procedure di fallimento aperte prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 5 del 2006, purché ancora pendenti a quella data (16 luglio 2006), e, tra quest'ultime, a quelle chiuse alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 169 del 2007 (1° gennaio 2008), sempre che, in quest'ultimo caso, la relativa domanda sia presentata entro un anno dalla medesima data. La circostanza che l'esdebitazione non sia ammissibile per i fallimenti chiusi prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 5 del 2006 non giustifica, peraltro, alcun dubbio di legittimità costituzionale della disciplina transitoria: né per contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto, come già statuito dalla Corte cost. nell'ordinanza 24 febbraio 2010, n. 61, l'applicabilità "ratione temporis" dell'istituto corrisponde ad una scelta non arbitraria del legislatore, costituendo il tempo un valido elemento di diversificazione tra le situazioni giuridiche; né per contrarietà alle norme antidiscriminatorie della CEDU, posto che, a seguito della sentenza della Corte cost. 27 febbraio 2008, n. 39, la chiusura del fallimento, seppur dichiarata con decreto anteriore al 16 luglio 2006, determina la cessazione delle generali incapacità personali derivanti al fallito dall'apertura del fallimento, laddove l'esdebitazione riguarda la sua responsabilità patrimoniale, comportando la liberazione del fallito che ne risulti meritevole dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali insoddisfatti.
Cassazione, sentenza 4 dicembre 2015, n. 24727, sez. I civile