Ammissibilità della società semplice di mero godimento di immobili e titoli
n. 832/2015 v.g.
Tribunale di Roma
Ufficio del Giudice del registro delle imprese tenuto dalla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Roma
Il giudice del registro delle imprese, in persona del magistrato dott. Guido Romano,
vista la nota n. 19319/15 prot. avente ad oggetto: “Immobiliare Civile Alfa - società semplice (R.E.A. n. 1338779). Richiesta di avvio del procedimento di cancellazione d’ufficio ex art. 2191 c.c.”;
visto il provvedimento emesso da questo magistrato con il quale veniva avviato il procedimento;
vista l’ulteriore nota n. 273827/2015 trasmessa dall’ufficio;
premesso che, con le note in oggetto, l’Ufficio chiedeva al Giudice del registro di Roma di valutare la ricorrenza dei presupposti per disporre, ai sensi dell’art. 2191 c.c., la cancellazione dell’iscrizione, eseguita in data 31 maggio 2012, della società Immobiliare Civile Alfa - società semplice nella sezione speciale del registro delle imprese;
premesso ancora che, a fondamento dell’istanza, l’Ufficio rappresentava che: con domanda trasmessa in via telematica in data 28 maggio 2012, il notaio dott. R.R. chiedeva l’iscrizione della società Immobiliare Civile Alfa nella sezione speciale del Registro delle imprese quale società semplice; tale iscrizione veniva eseguita in data 31 maggio 2012; alla domanda veniva allegata la copia autentica dell’atto costitutivo redatto dal notaio dott. F.F. in data 29 novembre 1972 e mai iscritto in precedenza nel registro delle imprese; dal contenuto di tale atto risulta che la società in questione ha per oggetto sociale «l’acquisto e l’amministrazione di beni immobili ed occorrendo anche di beni mobili e titoli di credito e la eventuale assegnazione di detti beni ai soci», esclusa comunque «qualsiasi attività commerciale»;
osserva quanto segue
L’Ufficio ha chiesto al Giudice del registro di Roma di valutare la ricorrenza dei presupposti per disporre, ai sensi dell’art. 2191 c.c., la cancellazione dell’iscrizione, eseguita in data 31 maggio 2012, della Immobiliare Civile Alfa - società semplice nella sezione speciale del registro delle imprese e ciò sulla base della considerazione che tale ente ha ad oggetto il mero godimento, da parte dei soci, di beni immobili ed è, in quanto tale ed ai sensi dell’art. 2248 c.c., sottratto alla disciplina delle società.
Ai fini della risoluzione del quesito posto dall’Ufficio, occorre valutare se la società di mero godimento trovi cittadinanza nell’ordinamento italiano.
L’impianto originario del codice civile del 1942 escludeva dalla qualificazione quale società il contratto che fosse funzionale alla costituzione od al mantenimento di una comunione e, quindi, al solo scopo del godimento di una o più cose. Veniva, dunque, escluso dalla nozione di “società” l’ente il cui patrimonio fosse costituito esclusivamente dagli immobili conferiti dai soci e la cui attività si esaurisse nel concedere tali immobili in locazione a terzi o agli stessi soci, senza produrre o fornire agli uni o agli altri alcun servizio collaterale. L’art. 2248 c.c. costituiva, infatti, il portato della scelta legislativa di utilizzare il termine “società” e di applicare la relativa disciplina soltanto per l’esercizio collettivo di una attività economica speculativa, commerciale o meno, con esclusione, appunto, del solo godimento collettivo. In questa prospettiva, il criterio che, comunemente, si usava per distinguere la comunione dalla società aveva ad oggetto il diverso rapporto che intercorre fra i beni e l'attività, rapporto che, nelle due fattispecie, si invertirebbe: nella società i beni sono utilizzati strumentalmente per lo svolgimento di un'attività produttiva, nella comunione l'attività è funzionale alla conservazione del bene comune, al fine di assicurarne il godimento da parte dei comunisti.
Un simile approccio si rinveniva anche nella giurisprudenza la quale aveva avuto occasione di affermare che mentre la comunione a scopo di godimento postula una situazione giuridica di contitolarità (presupponendo, pertanto, la comproprietà del bene in capo a tutti coloro che vi partecipino) e si caratterizza per il fatto che oggetto del godimento, quale fine esclusivo della comunione, è il bene comune, nella società (che va istituita per contratto) rileva l'esercizio in comune di un'attività svolta a fine di lucro da parte di più soggetti, per l'esercizio della quale non è necessaria alcuna comunione di beni, che sono soltanto lo strumento attraverso il quale essa viene a realizzarsi e operare (Cass., 1 aprile 2004, n. 6361; Cass., 6 aprile 1982, n. 2104; Trib. Catania, 3 maggio 2005 il quale ha ritenuto l’inesistenza di una società di mero godimento, pur iscritta nel registro delle imprese, e la conseguente applicabilità ex tunc delle norme sulla comunione).
Tuttavia, una parte della giurisprudenza era giunta ad ammettere che una società potesse svolgere un’attività di mera gestione di immobili in base al rilievo che il contratto sociale può avere ad oggetto l’esercizio di una attività economica non commerciale. In questa prospettiva, si affermava che è coessenziale alla società l'esercizio di un'attività economica e non necessariamente di un'attività commerciale; lo schema societario è dunque idoneo a rivestire qualsiasi conferimento di beni per l'esercizio di attività non commerciali, dirette a ricavare maggiori utili da una più razionale gestione dei beni comuni, mediante la creazione di un'apposita organizzazione; in quest'ultima ipotesi deve ricomprendersi il caso della società immobiliare che svolga mera attività di gestione di immobili (Trib. Roma, 30 aprile 1981; in senso parzialmente analogo, Trib. Milano, 29 gennaio 1987 secondo il quale non può essere dichiarata la nullità di una società commerciale il cui oggetto consiste nella comunione di godimento di un bene, perché la comunione di godimento di beni è perfettamente legittima, mentre la sua assunzione ad oggetto di una società commerciale pone in evidenza solo un vizio della causa contrattuale).
Nell’ambito di questo dibattito dottrinario e giurisprudenziale, è intervenuto il legislatore il quale ha offerto rilevanza alle società a scopo di godimento. In particolare, con norme a valenza transitoria (ma ripetute nel tempo) ed a finalità essenzialmente fiscali, il legislatore ha inteso agevolare la trasformazione di società formalmente commerciali in società semplici di mero godimento (art. 29 l. 27 dicembre 1997, n. 449; art. 3, comma 7, l. 28 dicembre 2001, n. 448; art 1, commi 111-117, della legge 27 dicembre 2006, n. 296; art. 1 comma 129, legge 24 dicembre 2007, n. 244). Recentemente, il legislatore è intervenuto nella medesima direzione (art. 1 comma 115 l. 28 dicembre 2015, n. 208).
Proprio sulla base di tale normativa, la giurisprudenza ha ritenuto omologabile la delibera di trasformazione di una società a responsabilità limitata in società semplice avente ad oggetto la "gestione" del proprio patrimonio immobiliare sulla base del disposto di cui all’art. 29 l. 27 dicembre 1997, n. 449 (App. Trieste, 23 dicembre 1999).
Ebbene, ci si è interrogati se la reiterazione, costante nel tempo, degli interventi legislativi autorizzativi della creazione, a mezzo di trasformazione, di società semplici di mero godimento incida sul piano sistematico e generale della stessa ammissibilità della costituzione ex novo di una siffatta società.
Una parte della dottrina, pur non negando l’esistenza di una inversione di tendenza volta al generale riconoscimento della compatibilità tra strumento societario e comunione di beni, ha evidenziato come la normativa fiscale citata, che ha finalità tipicamente antielusive, abbia natura speciale restando confinata settorialmente al diritto tributario e come, in ordine alla trasformazione, essa assuma un significativo valore sistematico nel senso di derogare all’art. 2248 c.c. nel limitato caso in cui si utilizzi la società semplice che si conferma modello societario per attività non riconducibili all’impresa: in tale prospettiva, le norme richiamate non aprirebbero la strada alla possibilità di costituire ab origine una società semplice con il predetto oggetto.
Parimenti, una parte della giurisprudenza di merito, sul solco tracciato da tale dottrina, ha ribadito l’orientamento più restrittivo affermando che le norme tributarie hanno finalità fiscali e quindi di natura eccezionale e transitoria, con finalità di emersione di imponibile fiscale e di contrasto dell'uso elusivo dello schermo societario, e che non è ammissibile la costituzione di una società semplice avente ad oggetto la mera gestione di immobili, ostandovi il disposto dell’art. 2248 c.c. Il mero godimento di beni di proprietà sociale non può nel vigente sistema di diritto societario trovare spazio all'interno dello schema di alcun tipo sociale, non riconoscendosi in tale fenomeno quegli elementi essenziali richiesti dall'art. 2247 c.c. quali elementi costitutivi della società: si ravvisa pertanto, nell’ipotesi di società avente quale oggetto sociale il mero godimento di beni, la nullità della società per illiceità dell'oggetto sociale, ai sensi dell'art. 1418 c.c., ravvisandosi un contrasto con una norma, seppure ricavata in via sistematica, di carattere imperativo concernente la stessa struttura della società (Trib. Varese, 31 marzo 2010; Trib. Mantova, 3 marzo 2008).
Ebbene ritiene questo giudice del registro che le conclusioni cui perviene la dottrina e la giurisprudenza debbano essere, alla luce delle norma sopra richiamate, oggetto di un ripensamento.
Tralasciando in questa sede una puntuale analisi di come il concetto stesso di società si è venuto a modificare nel corso degli anni a seguito degli interventi del legislatore, è doveroso osservare che taluni, significativi interventi hanno ammesso che le società possano esse finalizzate non già ad una iniziativa collettiva speculativa, ma ad una iniziativa consortile e, dunque, di integrazione di imprese e che alcuni tipi di società possano essere costituiti per atto unilaterale, in questo modo disancorando, per come autorevolmente osservato, tutti o alcuni degli enti organizzati, denominati società, dal paradigma funzionale di cui all’art. 2247 c.c. sia in punto di risultato collettivamente perseguito (divisione degli utili) sia in punto di esercizio dell’attività (che può essere collettiva o individuale).
Come, infatti, osservato da altra parte della dottrina, e pur dovendosi segnalare l’anomalia, a livello sistematico, derivante dal fatto che il legislatore si è limitato a consentire trasformazioni “agevolate” di società di godimento in società semplici senza però incidere sulla lettera degli artt. 2247-2248 c.c., appare del tutto evidente l’aporia insita nell’ammettere l’iscrizione di una società semplice avente ad oggetto la mera gestione di beni derivante dalla trasformazione (e di durata non soggetta a limiti) e nel contempo negare la possibilità di costituirne di analoghe ex novo.
In questa prospettiva, l’adesione ad interpretazioni restrittive porrebbe inevitabili questioni di illegittimità costituzionale, in termini di disparità di trattamento ex art. 3 Cost., in quanto nell’ordinamento, oramai, esistono società semplici aventi ad oggetto un’attività di mera gestione tali essendo quelle risultanti dalle trasformazioni effettuate in base ai provvedimenti citati. D’altra parte, la reiterazione dei provvedimenti normativi volti a favorire la trasformazione della società di mero godimento in società commerciali esclude che tali provvedimenti possano essere qualificati come eccezionali o temporanei.
Al contrario, la costante reiterazione dei provvedimenti normativi implica di necessità la considerazione che l’ordinamento è pervenuto ad uno stabile radicamento della fattispecie. Quanto, poi, alle indicate discrasie tra “sistema” fiscale e “sistema” civilistico, non sembra potersi ammettere, a livello sistematico, un conflitto tra norma tributaria che consente e norma civilistica che esclude. Al contrario, una interpretazione autenticamente sistematica dell’ordinamento dovrebbe condurre ad unificare, in modo razionale, le discipline dettate in materia civilistica e fiscale. E, in questo ordine di concetti, è agevole osservare che, nella gerarchia delle fonti, la legge tributaria è equiordinata ad ogni altra legge, essendo il regime della successione delle leggi nel tempo insensibile alla materia regolata.
La società semplice diviene, dunque, non solo il regime residuale di esercizio di attività economiche collettive non commerciali, ma anche un regime societario facoltativo, rispetto a quello della comunione, del godimento collettivo.
In definitiva, la catena nel tempo di norme fiscali che legittimano la società semplice di mero godimento importa l’ammissibilità, sotto il profilo civilistico, di tali società. E, come detto, una interpretazione sistematica deve condurre a considerare che ciò che è ammesso in sede di trasformazione deve esserlo anche in sede di costituzione ex novo della società.
È, dunque, legittima la costituzione di società semplici di mero godimento.
Va da sé che, una volta ammessa la costituzione di società semplici di mero godimento, esse debbano essere iscritte nella sezione speciale del registro delle imprese.
Alla luce delle precedenti considerazioni, dunque, deve ritenersi che legittimamente la società Immobiliare Civile Alfa è stata iscritta nella sezione speciale del Registro delle imprese quale società semplice. Non sussistono i presupposti di legge per procedere alla cancellazione.
p.q.m.
visto l’art. 2191 c.c., dichiara che non sussistono i presupposti di legge per procedere alla cancellazione della Immobiliare Civile Alfa - società semplice dalla sezione speciale del registro delle imprese.
Manda alla Cancelleria per i provvedimenti di rito.
Roma, 8 novembre 2016
Il Giudice del registro delle imprese
(dott. Guido Romano)