Ai fini della determinazione della plusvalenza, non e' automatica l'utilizzazione del valore accertato, col solo acquirente, ai fini dell'imposta di registro
La Corte di Cassazione, nell'ordinanza sotto riprodotta, ha esaminato il caso di un accertamento relativo all'imposta sulle plusvalenze; in tal caso, vi era stato un precedente accertamento di maggior valore ai fini dell'imposta di registro definito con il solo acquirente.
Nella fattispecie, la Cassazione ha dato rilievo alle seguenti circostanze:
- deve essere dato rilievo alla circostanza che l'immobile compravenduto era stato acquistato appena sette mesi prima e l'Ufficio non aveva rettificato il valore;
- l'accertamento di maggior valore era stato definito solo con l'acquirente (mentre onerato dell'imposta sulle plusvalenze è il venditore.
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CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 10 giugno 2013, n. 14574
Tributi - Imposte dirette - IRPEF - Plusvalenza sul terreno - Limiti
Osserva
La CTR di Roma ha respinto l'appello di D.T. -appello proposto contro la sentenza della CTP di Roma n.345-52-2008 che aveva rigettato il ricorso della predetta contribuente- ed ha cosi confermato l'avviso di accertamento ai fini IRPEF per l'anno 2000, emesso per la rettifica del corrispettivo di vendita (dal dichiarato di £ 100.000.000 all'accertato di £ 232.500.000) di un terreno edificabile sito in G.M., terreno trasferito con atto notarile del 25.2.2000.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che, per quanto concerne la documentazione depositata dall'Ufficio nel corso del primo grado di giudizio su invito della stessa CTP, quest'ultima non aveva influito sulla decisione della Commissione Provinciale -essendo già tutto specificato ed espresso chiaramente dall'Ufficio nella costituzione in giudizio; ed inoltre nel senso che l'A.F. è legittimata a procedere in via induttiva all'accertamento del reddito da plusvalenza, sulla base dell'accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell'imposta di registro, mentre è onere probatorio del contribuente (che nulla aveva argomentato e prodotto in sede di appello) superare -anche con il ricorso ad clementi indiziari- la presunzione di corrispondenza tra prezzo e valore di mercato. La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. La parte intimata si è difesa con controricorso.
Il ricorso - ai sensi dell'art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere definito ai sensi deh"art.375 cpc.
Invero, con il terzo motivo (rubricato come: "Insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art.360 primo comma n.5 cpc..." e che, per il fatto di essere di più pronta liquidazione può essere anteposto agli altri nell'esame), la ricorrente si duole in sostanza del fatto che il giudice del merito non abbia fatto alcun esame degli argomenti presuntivi da essa parte contribuente indicati sin dal primo grado del processo (e qui specificate debitamente in ossequio al canone dì autosufficienza) e concretamente relativi alla circostanza che il medesimo immobile oggetto della vendita era stato da essa contribuente acquistato solo sette mesi prima con valore dichiarato in atto pari a £ 100.000.000, senza che l'Ufficio sottoponesse a rettifica detto atto di acquisto e senza che tra l'acquisto e la rivendita fossero intervenute modificazioni di genere urbanistico, oltre che alla circostanza che la rettifica del valore dichiarato ai fini della tassa di registro era stata oggetto di un accertamento per adesione sottoscritto non già da essa parte acquirente ma dalla sola parte venditrice. Il motivo appare fondato e può essere accolto.
Invero, alla luce degli elementi indiziari come sopra riassunti e addotti in giudizio dalla parte ricorrente emerge dalla stessa considerazione della scarna motivazione della sentenza impugnata che il giudice del merito -negligentemente e salvo rammentare astrattamente che la parte contribuente ha facoltà di avvalersi anche di elementi indiziari ai fini della prova- non ha tenuto conto alcuno delle inferenze logiche che possono essere desunte dalle anzidette circostanze, essendosi limitato il medesimo giudice ad assumere insussistenti gli elementi di prova contraria incombenti sul contribuente, senza però fare analitica considerazione di quelli dianzi elencati.
E ciò si dice non già come valutazione della giustezza o meno della decisione, ma come indice della presenza di difetti sintomatici di una possibile decisione ingiusta, che tali possono ritenersi allorquando sussiste un'adeguata incidenza causale (come nella specie esiste) della manifesta negligenza di dati istruttori qualificanti, oggetto di possibile rilievo in cassazione, esigenza a cui la legge allude con il riferimento al "fatto decisivo" (in termini Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7635 del 16/05/2003). Nella specie, parte ricorrente ha evidenziato una pluralità di elementi di fatto non adeguatamente e specificamente considerati dal giudice del merito che costituiscono senz'altro idonei indici sintomatici di una possibile decisione ingiusta, siccome capaci di generare una difettosa ricostruzione del fatto (processuale) dedotto in giudizio.
Consegue da ciò che la censura avente ad oggetto il vizio motivazionale (più liquida ed assorbente rispetto a quella fondata sulla violazione di legge) può essere accolta e che, per conseguenza, la controversia debba essere rimessa al medesimo giudice di secondo grado che -in diversa composizione- tornerà a pronunciarsi sulle questioni oggetto dell'atto di appello proposto dalla parte contribuente e regolerà anche le spese del presente grado di giudizio.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.
Roma, 20 ottobre 2012
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che la parte ricorrente, con atto di data 29.04.2013 ha comunicato che la procedura deve ritenersi definita ai sensi dell'art.39 comma 12 del D.L. n.98/2011, atteso che il contribuente ha provveduto al versamento di tutte le somme dovute;
che il Collegio, in adesione a detta istanza, ritiene che il processo debba essere dichiarato estinto;
che le spese di lite non necessitano di regolazione.
P.Q.M.
Dichiara estinto il processo ai sensi dell'art. 16 della legge n.289/2002.
Nulla sulle spese.