Agevolazioni prima casa applicabili anche se al momento dell'acquisto l'immobile non era abitativo, ma destinato a divenire abitazione

Le agevolazioni prima casa sono applicabili anche se l'immobile non è accatastato, al momento dell'acquisto, come abitazione, ma sono in corso le procedure per far divenire l'immobile "abitativo"

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 giugno 2013, n. 14396

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza n. 126/17/06, depositata il 26 ottobre 2006, la CTR dell’Emilia Romagna confermando la decisione della CTP di Ferrara, ha accolto l’impugnazione proposta da R. D. e M. G., nonché da M. P. M., C. B. e S. B., avverso l’avviso di liquidazione con cui erano state recuperate le ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale, in ragione del fatto che, al momento dell’atto, l’immobile, acquistato dai primi due e venduto dagli altri coi benefici “prima casa”, era costituito da un magazzino catastato in categoria C/2. I giudici d’appello hanno rilevato che, alla data dell’acquisto, era già stato avviato il procedimento amministrativo volto al conseguimento dell’autorizzazione alla ristrutturazione ed al cambio di destinazione d’uso del bene, e che l’autorizzazione era, poi, intervenuta.

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza con un unico motivo, illustrato da memoria. I contribuenti resistono con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1. Col proposto ricorso, la ricorrente deducendo, ex art. 360, 1° co, n. 3 cpc, la violazione dell’art. 3, co 131, della L. n. 549 del 1995, formula il seguente quesito di diritto: “Dica codesta ecc. ma Corte se la CTR, nel dichiarare il diritto alla agevolazione sulla base della mera circostanza di fatto che l’immobile era stato acquistato per farne casa di abitazione, abbia violato, pur non indicando i suoi specifici referenti normativi, il disposto dell’art 3 c. 131 nota II bis della L. n. 549/95 che non riteneva sufficiente a differenza della precedente normativa, come requisito ai fini di ottenere l’agevolazione fiscale per la prima casa che l’acquisto riguardasse fabbricato in costruzione destinato ad abitazione, ma ne limitava l’applicabilità ai fabbricati ultimati”.

2. Il motivo è infondato. A norma del comma 1 della nota 2 bis dell’art. 1 della parte prima della tariffa allegata al dPR n. 131 del 1986, come sostituita dall’art. 3, co 131, della L. n. 549 del 1995, nella ricorrenza delle condizioni ivi indicate, l’imposta di registro si applica con l’aliquota “del 4 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso”.

3. A differenza dell’agevolazione, per alcuni versi analoga, prevista dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, comma 1 come convertito nella L. 24 marzo 1993, n. 75, qui non viene in rilievo la manifestazione del proposito dell’acquirente dell’immobile di adibirlo a propria abitazione principale (“a condizione che il compratore dichiari … di volerlo adibire a propria abitazione..”), ma neppure, come espressamente previsto per l’esenzione dall’INVIM straordinaria prevista dal D.L. 13 dicembre 1991, n. 396, art. 1, comma 1 come convertito nella L. 6 febbraio 1992, n. 65, la classificazione formale dell’immobile (le disposizioni che regolano l’imposizione “non si applicano per le unità immobiliari classificate nei gruppi catastali D ed E, ovvero quelle per le quali, alla data di entrata in vigore del… decreto, è stata richiesta l’iscrizione in catasto nei predetti gruppi”), di guisa da non potersi estendere il beneficio ad unità immobiliari ascrivibili solo potenzialmente ad una delle categorie previste (Cass. n. 26106 del 2005).

4. Quel che quindi rileva per l’ipotesi in esame è, invece, l’acquisto dell’unità immobiliare al fine di destinarla a “casa di abitazione non di lusso” (Cass. n. 18491 del 2010). 5. Nella fattispecie, il giudice d’appello ha accertato che la variazione dell’accatastamento, richiesta prima dell’atto (ed in esso ne è fatta menzione, secondo quanto riferito nel controricorso) è effettivamente intervenuta, ancorché in epoca successiva all’atto d’acquisto, con la conseguente realizzazione della destinazione dell’immobile acquistato a casa di abitazione, in concreto utilizzato in tal modo.

Il ricorso va, in definitiva, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 1.500,00, di cui € 200,00 per spese, oltre accessori come per legge.

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